
La scorsa volta abbiamo visto come Marx, partendo dalla merce, arrivi a costruire il modello della circolazione semplice, modello parvente in quanto i suoi presupposti non sono posti nel modello stesso. Qui vediamo come, attraverso la posizione della produzione, l’impasse verrà superata.
Denaro e Accumulazione
Nella circolazione semplice i due momenti della merce, ossia la merce in forma relativa (che è realmente valore d’uso, idealmente valore) e il denaro (che è realmente valore e idealmente valore d’uso) stanno uno accanto all’altro e possono assumere l’altra determinazione solo perdendo quella di partenza. Da una parte, il valore si manifesta semplicemente come mediazione che scompare; dall’altra il valore d’uso cade sempre fuori dalla circolazione, con lo scopo di essere consumato. Abbiamo perciò che a questo livello lo svolgimento della dialettica della merce non è posto adeguatamente, dato che il contenuto del processo di scambio è posto esogenamente. La circolazione semplice è dunque parvente, in quanto non contiene in se stessa il principio del suo autorinnovamento. I suoi momenti sono ad essa presupposti, non sono posti, è il fenomeno di un processo che si svolge alle sue spalle.
Per proseguire nell’esposizione è necessario indagare proprio questo processo, ossia la produzione di merci, di valori d’uso prodotti a scopo di scambio. Marx ci arriva passando dalla categoria di “denaro in quanto denaro”, terza funzione del denaro (dopo “misura esterna dei valori” e “mezzo di circolazione”), a quella di denaro come capitale.
Osservando la circolazione semplice come ciclo continuo M-D-M-D-M-D… possiamo vedere due movimenti: da una parte abbiamo uno scambio di merce con merce, M-D-M, in cui il denaro funziona come mezzo di circolazione (vendere per comprare); dall’altra, però, abbiamo anche uno scambio di denaro con denaro mediante merce, D-M-D. È in questo secondo movimento, in cui il denaro è preso come punto di partenza e di arrivo, che sta il passaggio al denaro in quanto denaro. A livello di determinazione formale, questo è il ciclo in cui il denaro si trasforma in capitale. Bisogna vedere però come la trasformazione del denaro in capitale avviene a livello effettivo. La scommessa di Marx è che, partendo da qui, egli possa arrivare alla circolazione come presupposto-posto. Condizione di questo risultato è che il valore sia posto dal valore d’uso e il valore d’uso sia posto dal valore di scambio, ossia che il passaggio dell’uno nella forma dell’altro diventi, da condizione di dissoluzione, condizione di sopravvivenza, cosa impossibile nel solo modello della circolazione.
Nel ciclo D-M-D le prime due funzioni del denaro sono conservate e superate. La funzione di misura esterna è conservata, perché c’è ancora il riferimento ideale della merce al denaro, ma è superata perché il denaro si ricongiunge a sé mediante lo scambio. Allo stesso modo, la funzione di mezzo di circolazione è conservata, perché si scambia irresistibilmente contro merce, ma è superata perché il denaro esce in forma autonoma dallo scambio, invece di rimanerci come “forza centrifuga”. Il primo superamento del denaro come mezzo di circolazione è dato dalla funzione di mezzo di pagamento, incorporata (nell’indice dell’esposizione) in quella di denaro in quanto denaro. In questa funzione, dovuta alla necessità sociale, il denaro entra nella circolazione quando la merce ne è già uscita (M…D o M-C-D dove C è il consumo), quindi non media ma conclude il processo.
Il denaro è sia come forma (è il prezzo realizzato) che come contenuto (soddisfa qualsiasi bisogno perché può essere scambiato con qualsiasi merce) il rappresentante materiale e misura reale della ricchezza. Ciò pone la possibilità astratta dell’accumulazione. Le uniche differenze interne alla universalità/generalità del denaro sono di tipo quantitativo. Il processo di accumulazione è per natura smisurato, a causa della contraddizione interna al concetto di denaro: qualitativamente, il denaro non ha confini, perché è scambiabile con qualsiasi merce; ma ogni somma di denaro è quantitativamente limitata. Il risultato è la continua tensione all’oltrepassamento del suo limite quantitativo intrinseco. È quindi col concetto di accumulazione che può proseguire lo svolgimento.
La sola forma di accumulazione possibile nel modello della circolazione semplice è la tesaurizzazione, ma si tratta di una modalità non conforme al concetto, in quanto essa è la negazione assoluta della circolazione: è denaro fuoriuscito e non reimmesso nella circolazione. Il denaro invece, secondo la sua natura concettuale, deve determinarsi conservando la circolazione come proprio momento. Infatti, la contraddizione che lo muove sta in questo: negativamente, è relazione a sé in quanto è ricchezza universale (ossia astrae da tutti i valori d’uso presenti nella circolazione semplice); positivamente, è relazione a sé in quanto si rapporta con le sue particolarizzazioni, realizzandosi come universale nello scambio. Proprio per queste sue qualità il denaro è la totalità del mondo della circolazione, capace di ridurre ad unità tutto ciò che è oggettualizzazione di tempo di lavoro astrattamente umano.
Così, la condizione prima citata può essere così riformulata: dato il concetto di accumulazione, la sua adeguata posizione implica che il denaro (universale della ricchezza astratta) passi nei valori d’uso (forme particolari della ricchezza) e che in questo passaggio siano presenti al contempo il mantenimento della qualità di valore e il suo aumento. Proprio per questo la tesaurizzazione non è una forma adeguata dello svolgimento del concetto di denaro, e proprio per questo il modello della circolazione semplice si nega da sé: pone esso stesso delle esigenze che non riesce a soddisfare.
Lavoro Vivo e Capitale
Riprendiamo i due cicli M-D-M e D-M-D. In M-D-M la stessa quantità di denaro media fra due valori d’uso, dove c’è una differenza qualitativa fra la prima e la seconda merce della catena; in D-M-D la stessa merce media fra due diverse quantità di denaro, ossia c’è una differenza puramente quantitativa fra il denaro immesso e quello ripreso dalla circolazione. In particolare, il valore inizialmente anticipato deve essere minore del valore ripreso. Se ciò non accadesse 1) il processo non avrebbe senso: perché comprare una merce a 100$ per venderla ad un valore minore o uguale a 100$? A questo punto è più razionale la tesaurizzazione, e 2) nel caso di rendimenti inferiori, il processo non potrebbe più “riprodursi” oltre un certo limite quantitativo. Quindi, più che di D-M-D, si dovrebbe parlare di D-M-D’, con D’ > D perché D’ = D + AD, dove AD è il plusvalore. Il Capitale come processo è quindi valorizzazione di valore, mediato da una merce. Stando a quanto detto precedentemente, perché l’accumulazione si svolga in maniera adeguata al suo concetto è necessario che il denaro immesso nel processo di circolazione si scambi contro un valore d’uso capace non solo di non estinguere il valore nel suo consumo, ma anche di aumentarlo, di produrlo. Qual è questo valore d’uso?
Noi sappiamo che la sostanza di valore non è altro che oggettualizzazione di lavoro astrattamente umano socialmente necessario, perciò il processo di produzione del valore non può che avere come proprio momento il lavoro astrattamente umano. Sappiamo inoltre che tutto ciò che è oggettualizzazione di lavoro si presenta nella circolazione semplice e viene ricondotto a unità dalle qualità del denaro ed è quindi capitale (c in minuscolo perché lo è a livello astratto, non posto come processo). Ciò che invece stiamo cercando non è riducibile a oggettualizzazione di lavoro e necessita di entrare in rapporto con i mezzi di produzione (anche loro oggettualizzazione di lavoro) per avere un processo effettivo di Capitale. Questo valore d’uso è il lavoro vivo: con questo concetto si intende lavoro separato da tutti i mezzi e gli oggetti di lavoro, quindi immediata esistenza corporea del lavoro, fonte soggettiva della ricchezza.
È a questo punto che abbiamo il processo lavorativo (ricordiamolo, quell’intero caratterizzato da attività lavorativa, mezzo di lavoro, oggetto di lavoro e finalità che si conclude con un prodotto) nella sua oggettività, all’interno della forma sociale del Capitale. Il lavoro vivo (lato dell’attività lavorativa), elemento soggettivo del processo (pura potenza, indeterminata capacità di lavorare), assume la forma di merce diventando forza-lavoro. Questa viene integrata nel Capitale scambiandosi contro il denaro in quanto capitale (D di D-M-D’). I mezzi di produzione (lato dei mezzi e gli oggetti di lavoro), elemento oggettivo del processo, assumono invece la forma di capitale. La finalità invece è la valorizzazione del valore, la produzione di un plusvalore, mentre il prodotto di questo rapporto è ovviamente la merce.
Lavoro vivo e capitale (o anche, in quanto ogni oggettualizzazione di lavoro, “lavoro morto”) sono quindi due poli dello stesso rapporto: da una parte, il capitale come totalità del valore d’uso oggettualizzato; dall’altra, il lavoratore come possibilità di creare valore d’uso, possibilità che esiste solo come pura potenza nell’esistenza fisica del lavoratore. Anche se ogni lavoro è giocoforza lavoro concreto, al Capitale non interessa questo o quel lavoro determinato, ma solo qualunque lavoro il cui prodotto serva alla valorizzazione del capitale stesso. Questa indeterminatezza di principio vale anche dal punto di vista del lavoratore salariato. Egli vende la propria forza-lavoro non in quanto determinata, ma in quanto è valore d’uso per “altri”, che in un modello in cui ogni oggettualizzazione di lavoro è capitale, non può che essere sinonimo proprio di “capitale”.
Le Nozioni di Classe e Plusvalore
Con il concetto di accumulazione Marx è riuscito a passare dalla circolazione semplice alla produzione e circolazione di merci. La circolazione adesso non è più parvente, ma è anzi mediazione fenomenica della produzione. Nella produzione, da una parte, attraverso il processo di valorizzazione del capitale vengono prodotti valori d’uso; dall’altra il valore d’uso, ossia la forza-lavoro, produce merci che hanno valore. Marx ha quindi trovato il modo in cui il valore è posto dal valore d’uso e il valore d’uso è posto dal valore di scambio, il tutto in condizione di sopravvivenza e incremento della qualità del valore.
Gli elementi del processo lavorativo si combinano sotto al capitale, per cui andrà indagato questo processo di sussunzione. A questo livello si può dire che avviene il rovesciamento della legge fondamentale dell’appropriazione: il prodotto del lavoro non appartiene a chi lo ha effettivamente prodotto nel processo lavorativo, perché è il capitalista a figurare come produttore.
Passando attraverso il concetto di accumulazione egli ha anche posto le basi concettuali, che andranno sviluppate, per pensare il significato dei concetti di classe e plusvalore.
Se, da una parte, il carattere economico del capitalista è di essere veicolo cosciente del moto di appropriazione continua di ricchezza astratta, di continua valorizzazione del valore, dall’altra quello del lavoratore salariato è di essere portatore della capacità lavorativa, valore d’uso per il capitale. Quindi essi sono personificazioni di un rapporto economico, portatori fisici di una funzione sociale. Ogni categorizzazione di classe su base induttiva (quindi storicistica, sociologistica, o reddituale) è perciò esclusa: le classi sono categorie logico-funzionali.
Il lavoratore scambia quindi se stesso contro il capitale e vende la sua capacità di creare valore perché questa è la condizione sociale della sua riproduzione. Ma la capacità lavorativa ridotta a merce, la forza-lavoro, è una merce anomala: questa infatti non è oggettualizzazione di lavoro, ma viene scambiata sul mercato come fosse tale, ossia pagandola in base al tempo di lavoro socialmente necessario a riprodurla. Abbiamo perciò a questo livello una divaricazione fra il tempo di lavoro astrattamente umano socialmente necessario a riprodurre il lavoratore come organismo contenente la forza-lavoro e la sua capacità lavorativa, che non ha nessun rapporto diretto con il valore che questa produce. È quindi possibile, nel pieno rispetto della legge del valore, che nell’arco di tempo di una giornata lavorativa il lavoratore lavori più del tempo di lavoro socialmente necessario a riprodursi organicamente, e che per la parte di tempo in più il capitalista non paghi nulla, il tutto in accordo con la legge del valore. Questa parte di tempo ricevuta gratis è per il lavoratore pluslavoro, per il capitalista plusvalore.
Logico-Storico e Lavoratore Salariato
Alcuni interpreti hanno contestato il passaggio in cui Marx individua, nella M di D-M-D’, il lavoratore salariato, perché nel modello della circolazione semplice non si capisce da dove questo salti fuori. Marx insomma sarebbe reo di non aver sviluppato le condizioni di possibilità di esistenza del lavoratore salariato (separazione del lavoratore dai mezzi di produzione) all’inizio nel processo, quindi di non poterlo dedurre da passaggi logici, quindi di averlo inserito come fatto storico esterno non digerito dalla sua teoria dialettica.
Questa argomentazione mischia il piano logico-storico (quelle che in precedenza sono state chiamate Logica 1 e Logica 2), ossia lo svolgimento logico della dialettica della merce, con il piano cronologico-storico, ossia il rispecchiamento mentale dell’ordine dei fatti nel loro svolgersi temporale. A Marx sarebbe attribuito il secondo modo di pensare, quando lui nel Capitale è un fautore del primo. Questo non vuol dire che la descrizione dei fatti che hanno portato alla formazione delle condizioni iniziali del capitalismo in un dato paese o in un dato contesto non sia di interesse, storiografico o politico che sia. Significa semplicemente che non si trova sul piano di astrazione su cui Marx si muove.
A questo punto bisogna chiedersi: come si fonda, nel modello della circolazione semplice, la possibilità dello scambio fra denaro e merce forza-lavoro?
Nel modello della circolazione semplice tutto è prodotto come merce, quindi anche i mezzi di produzione. Questo rende impossibile che tutti abbiano prodotto prima di andare al mercato, perché l’acquisto dei mezzi di produzione precede l’ipotetica produzione privata dei non-produttori di tali mezzi. Perché tutto sia effettivamente scambiato come merce dobbiamo quindi per forza trovarci nel contesto del modo di produzione capitalistico, perché in questo modo di produzione è impossibile che tutti vadano al mercato prima di aver realizzato un prodotto privatamente. Alcuni andranno al mercato prima di aver prodotto, e venderanno come merce proprio la loro forza-lavoro.
Circolazione Semplice e Produzione Mercantile Semplice
Anche l’appiattimento della circolazione semplice sulla categoria di “produzione mercantile semplice”, operato da Engels, corrisponde alla confusione del piano logico-storico su quello cronologico-storico. Che Engels pensi questo è deducibile dalla sua recensione a Per la Critica dell’Economia Politica:
La critica dell’economia, anche dopo che era stato acquisito il metodo, poteva ancora essere intrapresa in due modi: storicamente o logicamente. Poichè nella storia, come nel suo riflesso letterario, l’evoluzione va pure, in sostanza, dai rapporti più semplici ai rapporti più complicati, lo sviluppo storico-letterario dell’economia politica offriva un filo conduttore naturale a cui la critica poteva aggrapparsi, e in sostanza le categorie economiche sarebbero apparse anche in questo caso nello stesso ordine che nello sviluppo logico. Questa forma offre il vantaggio apparente di una maggior chiarezza, poichè viene seguita la evoluzione reale, ma in realtà essa si ridurrebbe tutt’al più a una esposizione più popolare. La storia procede spesso a salti e a zigzag, e si sarebbe dovuto tenerle dietro dappertutto, il che avrebbe obbligato non solo a inserire molto materiale di poca importanza, ma anche a interrompere spesso il corso delle idee. Inoltre non si può scrivere la storia dell’economia senza quella della società borghese, e il lavoro non sarebbe mai arrivato alla fine perchè mancano tutti i lavori preparatori. Il modo logico di trattare la questione era dunque il solo adatto. Questo non è però altro che il modo storico, unicamente spogliato della forma storica e degli elementi occasionali e perturbatori. Nel modo come incomincia la storia, così deve pure incominciare il corso dei pensieri, e il suo corso ulteriore non sarà altro che il riflesso, in forma astratta e teoricamente conseguente, del corso della storia; un riflesso corretto, ma corretto secondo leggi che il corso stesso della storia fornisce, poiché ogni momento può essere considerato nel punto del suo sviluppo in cui ha raggiunto la sua piena maturità, la sua classicità.
- Grassetto mio
Questo ha portato l’interpretazione di Engels a diversi errori, compendiati nella sua [prefazione al III Libro del capitale](Engels – Prefazione al III Libro del Capitale, 18):
In una parola, la legge del valore di Marx ha validità universale, nella misura in cui hanno validità universale delle leggi economiche, per tutto il periodo della produzione semplice di merci, dunque fino al momento in cui questa subisce una metamorfosi in seguito all’avvento della forma di produzione capitalistica. Fino a questo punto i prezzi gravitano verso i valori determinati secondo la legge di Marx e oscillano intorno ad essi, in modo che, quanto più la produzione mercantile semplice giunge a completo sviluppo, tanto più i prezzi medi di periodi relativamente lunghi non interrotti da violente perturbazioni esterne coincidono, con margini di deviazione trascurabili, con i valori. Dunque, la legge del valore di Marx ha validità economica generale per un periodo di tempo che dura dagli albori dello scambio che trasforma i prodotti in merci fino al secolo xv avanzato della nostra èra.
- Engels F., Prefazione al III libro del Capitale, UTET, 2017
Innanzitutto secondo Engels, la prima parte del Capitale studierebbe un modo di produzione antecedente a quello capitalistico. Cosa falsa, dato che Marx inizia il primo libro così:
La ricchezza della società, nella quale domina il modo di produzione capitalistico, si manifesta fenomenicamente come un’immane raccolta di merci; la merce singola, come la sua forma elementare. L’analisi della merce è quindi il punto di partenza della nostra indagine.
- Marx K., I Libro del Capitale, UTET, 2017
Altro modo per refutare questa posizione è il seguente: la produzione mercantile semplice non può essere un modo di produzione, dato che in essa è esposta solo la circolazione e non tutti i momenti determinanti del modo di produzione (fra cui, ironicamente, proprio la produzione). Il secondo errore, direttamente deducibile dal primo, consiste nel togliere validità alla teoria marxiana del valore dopo i primi tre capitoli. Anche questa posizione è falsa, considerata l’unità di oggetto dei primi tre capitoli con il resto dell’esposizione.
In Marx non c’è la produzione mercantile semplice, ma non per questo mancano ragionamenti di tipo storico sui presupposti del modo di produzione capitalistico. Per la sua formazione storica è necessario anzitutto che “produzione e circolazione di merci” si generalizzino, quindi che ci sia un’accumulazione originaria ed il lavoratore libero. Quindi Marx indica con “produzione e circolazione di merci” l’indicazione di presupposti storici del modo di produzione capitalistico, mentre per la genesi logica si parla di “circolazione semplice”. I due aspetti si mediano così: è la genesi logica della teoria che ci permette di individuare i presupposti fattuali (sapendo cos’è la circolazione di merci, posso indagare la sua genesi e il suo sviluppo storico).
Va inoltre detto che la produzione di merci in un modo di produzione non capitalistico è una possibilità, ma una possibilità vincolata a una condizione: che in questo modo di produzione ipotetico la merce non sia la forma predominante assunta dal prodotto, ossia che produzione e circolazione di merci facciano parte di un “sottomondo” interno e in rapporto a questo modo di produzione, che ha leggi proprie.
Bibliografia
Bellofiore R. e Riva T. – La Neue Marx Lektüre (INGLESE)
Fineschi R., Ripartire da Marx, La Città del Sole, Napoli, 2001
Fineschi R., Marx e Hegel, Carocci, Roma, 2006
Fineschi R., Un Nuovo Marx, Carocci, Roma, 2008
Fineschi R. – Ripartire da Marx (Ciclo di Video per Noi Restiamo)
Marx K., Opere Complete Vol. 29. Scritti Economici 1857-1858, Editori Riuniti, Roma, 1986
Marx K., Opere Complete Vol. 30. Scritti Economici 1858-1859, Editori Riuniti, Roma, 1986
Marx K., Il Capitale, UTET, Torino, 2017
Musto M., Karl Marx. Biografia Intellettuale e Politica 1857-1883, Einaudi, Torino, 2018
[…] — articolo apparso su LON il 17 gennaio 2021 […]
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[…] Nello scorso articolo eravamo arrivati al concetto di plusvalore (Pv), ossia l’eccedenza di tempo di lavoro sul lavoro necessario alla riproduzione della forza-lavoro che viene appropriata dal capitale senza scambio di equivalenti. Questa è la condizione logica di esistenza del modo di produzione capitalistico: senza l’appropriazione di questa eccedenza, il capitale non si valorizza e il moto si blocca. Da ciò si può scomporre analiticamente la giornata lavorativa in due parti: […]
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[…] Nello scorso articolo eravamo arrivati al concetto di plusvalore (Pv) , ossia l’eccedenza di tempo di lavoro sul lavoro necessario alla riproduzione della forza-lavoro che viene appropriata dal capitale senza scambio di equivalenti. Questa è la condizione logica di esistenza del modo di produzione capitalistico: senza l’appropriazione di questa eccedenza, il capitale non si valorizza e il moto si blocca. Da ciò si può scomporre analiticamente la giornata lavorativa in due parti: […]
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